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sabato 27 ottobre 2007

PRATO CITTA’ DI COMITATI ?


Riccardo Cammelli scrive:

Ho letto con interesse l’articolo di Francesco e i commenti dei visitatori, dunque non mi soffermo sui temi da loro affrontati. Vorrei cercare di rispondere però alla domanda, con alcune considerazioni, sul fatto che Prato sia oppure no una città di Comitati (il perché, grosso modo, è stato detto).

Comitati da sempre

Da un motore di ricerca su internet, digito la parola “comitato” e appaiono 15 milioni di voci sull’argomento. Scorro velocemente e vedo comitati di tutti i tipi, in tutte le parti d’Italia e del mondo.
Storicamente i comitati, siano essi spontanei o indotti da partiti e movimenti politici, ci sono sempre stati. Possiamo spostarci nel tempo e nello spazio per accorgerci che risulta un fenomeno antico, che ha acquisito man mano nuove forme e significati. Non serve qui farne la storia, piuttosto è utile rilevare che la crescente complessità sociale ha favorito il proliferare di comitati, che rispondono alle più svariate istanze, derivanti da tale complessità, e per questo in genere si connotano per la loro trasversalità politica e il loro interesse monotematico: dai comitati per la pace a quelli per l’ambiente, da quelli per cause civili a quelli delle vittime di stragi, incidenti, truffe, ecc., l’elenco è infinito. L’esempio più recente e più vicino a noi, del settembre scorso, è stato la marcia Agliana-Quarrata, che ha acquisito le sembianze di una marcia dei Comitati, in merito ai temi dell’ambiente e dello smaltimento dei rifiuti.

Un’ ipotesi sulla genesi pratese

Pur condividendo quanto affermato sul blog, vorrei aggiungere qualcosa. La risposta che fa riferimento all’immediato, o al “breve periodo”, sul perché dei comitati, è stata data: si punta il dito sull’incapacità dei politici (o la loro volontà) di “ascoltare”. Vorrei azzardare un’interpretazione che invece risponda alla domanda in riferimento al “medio-lungo periodo”, alla storia della città e alle sue trasformazioni.
Anzitutto Prato è nuova a tutto questo, perché sinora la politica riusciva a mediare e a “contenere” in sé molte delle istanze presenti e diffuse.
Il vecchio quadro di riferimento era il sistema distrettuale, con soggetti politici e istituzionali inseriti in uno schema di relazioni industriali “garante” della stabilità socio-economica della città. La mobilitazione cittadina, l’ascolto e l’accoglimento delle istanze avvenivano all’interno di questo schema, con partiti forti, strutturati e diffusi sul territorio. Il “patto non scritto” tra gli attori del distretto prevedeva, grosso modo, una sorta di spartizione alla maniera del “manuale Cencelli”, con i comunisti al governo della città, la piccola e media impresa come motore dell’economia, e l’area cattolica che si occupava (e si occupa tuttora) dell’area sociale e sanitaria. Tutto questo ha funzionato finché il sistema economico e quello istituzionale e partitico non sono entrati in crisi.
La Prato di oggi è in crisi e lo schema è saltato. Assieme alla crisi economica è giunta quella politica. A questo si è aggiunta una certa confusione di ruoli, con politici trasformatisi in attori economici e attori economici che si trasformano da produttivi in improduttivi (rendite, mercato immobiliare, ecc.). C’è anche da considerare che culturalmente e socialmente le nuove e meno nuove generazioni, compresa una buona fetta di popolazione immigrata, non rientrano nel vecchio schema, nelle vecchie appartenenze e nei vecchi “canali” di mediazione delle istanze. Sono così venuti a crearsi spazi politici e vuoti istituzionali riempiti dal malessere e dalla insofferenza di parti della cittadinanza. Siamo ancora alla ricerca di nuove coordinate politiche e sociali.
Si può allora dare brevemente uno spunto per una risposta alla domanda. Prato è città dei Comitati, ne più e né meno di tante altre città in cui risultano “inevase” o insoddisfatte le istanze, ed in cui si creano “vuoti” politici da riempire. Ciò appare banale e ripetitivo di quanto detto e scritto sinora, ma aggiungerei un'altra cosa.

Chi ascolta chi?

Spesso si è parlato della “capacità di ascolto” dei politici (o piuttosto della loro incapacità). Non so se l’affermazione sia completamente soddisfacente. A me pare che oltre alle dubbie capacità di ascolto ci sia anche una oggettiva “incapacità di risposta”, che ha a che fare con i mezzi e le risorse a disposizione della classe dirigente. E non solo dei politici.
Un esempio su tutti: la risposta degli imprenditori alla crisi del distretto è stata duplice: convogliare risorse e investimenti di capitali verso il mercato immobiliare interno e verso la produzione all’estero (la cosiddetta delocalizzazione). E’ questa la risposta giusta per la città, per il suo sviluppo, per l’occupazione? Di fronte a queste richieste sono stati “capaci di ascoltare”? Certamente no. Qui ha ragione Manuele Marigolli, che in una recente intervista ha denunciato l’assenza di referenti cittadini, assenza di classe dirigente imprenditoriale che guardi alla città, attori economici con i quali riprogettare il suo futuro.
Con un po’ di forzature e un buon grado di relativismo, mi verrebbe anche da chiedere quanto ciascuno di noi è “disposto all’ascolto”, posto che ascoltare e basta può essere facile, mentre cercare risposte può non esserlo. E concludo con una provocazione: a proposito di comitati, quanti di quelli che oggi per esempio manifestano in Italia contro l’impatto ambientale creato da eventuali inceneritori/termovalorizzatori e quant’altro, sono consumatori di beni prodotti da multinazionali devastatrici del pianeta? Hanno davvero fatto una valutazione del loro “impatto ambientale” personale, dello stile di vita e dei propri comportamenti “inquinanti”?
E allora, ci si deve domandare chi sia davvero “sordo” e incapace di ascoltare. La lista si allunga…….

Riccardo Cammelli

1 commento:

Francesco Bartolomei ha detto...

Mi complimento per la tua analisi precisa e puntuale sull'argomento.
In realtà in questa fase di trasformazione della società è difficile proprio comprenderne le nuove coordinate politiche e sociali e, in questa confusione, i sordi sono tanti.
Spesso si cercano di risolvere problemi nuovi con modalità vecchie, e in questo ritardo di comprensione ci metto un po' tutti (imprenditori,partiti,sindacati,ecc)