REZ - Avevano tra i 4 e i 17 anni. Fino a due giorni fa giocavano tranquille assieme agli altri fratelli nella stanza della loro casa a Jabaliya, poco distante da Gaza City. L´altra notte un lampo le ha portate via. Tutte insieme. Per sempre.
Jawaher, 4 anni, Dina, 8, Samar, 12, Ikram, 14, Tahrir, 17 anni. Se qualcuno scriverà un giorno una pagina sulla guerra fra Israele e Hamas, almeno una riga dovrebbe andare ai civili di Gaza. Come tutti i conflitti armati, ogni parte ha il suo carico di dolore e di morte. Ma la vicenda delle cinque sorelle Balusha sembra portare con sé qualcosa di particolarmente atroce.
È la madre Samira, scossa dai singhiozzi, il volto ferito dalle macerie che hanno sepolto la sua abitazione, a raccontare la storia. «Ero immersa nel sonno. Il boato dell´esplosione non l´ho nemmeno sentito. A svegliarmi è stato il soffitto, che ci è piombato in testa. Mi sono trovata coperta di macerie. Con le braccia ho cercato di spostarle, per respirare un po´ d´aria. Poi sono stata fulminata dal pensiero che dovevo salvare i miei figli».
Jabaliya è uno dei tanti campi profughi di cui è disseminata la Striscia. Bambini che giocano scalzi nella polvere, bevono dove possono, crescono come animali in una gabbia. Intorno ci sono decine di case distrutte o danneggiate dopo che un F16 israeliano ha colpito la vicina moschea Imad Aqel, ora in parte rovinata sull´abitazione dei Balusha.
«Il mio pensiero è andato subito a Bara», la neonata di 13 giorni che dormiva accanto ai genitori. La culla si era rovesciata e ribaltandosi l´aveva protetta. «Ho messo la piccola nelle braccia di mio marito Anwar, che era ferito, e sono andata nella stanza a fianco, dove stavano tutti gli altri figli». Vista la scena, Samira è svenuta. Si è svegliata solo dopo il ricovero in ospedale. Ha chiesto delle figlie che mancavano all´appello. Qualcuno le ha detto una bugia pietosa: «Sono ferite, forse le hanno ricoverate altrove». Samira ha capito tutto.
Jawaher, 4 anni, Dina, 8, Samar, 12, Ikram, 14, Tahrir, 17 anni. Se qualcuno scriverà un giorno una pagina sulla guerra fra Israele e Hamas, almeno una riga dovrebbe andare ai civili di Gaza. Come tutti i conflitti armati, ogni parte ha il suo carico di dolore e di morte. Ma la vicenda delle cinque sorelle Balusha sembra portare con sé qualcosa di particolarmente atroce.
È la madre Samira, scossa dai singhiozzi, il volto ferito dalle macerie che hanno sepolto la sua abitazione, a raccontare la storia. «Ero immersa nel sonno. Il boato dell´esplosione non l´ho nemmeno sentito. A svegliarmi è stato il soffitto, che ci è piombato in testa. Mi sono trovata coperta di macerie. Con le braccia ho cercato di spostarle, per respirare un po´ d´aria. Poi sono stata fulminata dal pensiero che dovevo salvare i miei figli».
Jabaliya è uno dei tanti campi profughi di cui è disseminata la Striscia. Bambini che giocano scalzi nella polvere, bevono dove possono, crescono come animali in una gabbia. Intorno ci sono decine di case distrutte o danneggiate dopo che un F16 israeliano ha colpito la vicina moschea Imad Aqel, ora in parte rovinata sull´abitazione dei Balusha.
«Il mio pensiero è andato subito a Bara», la neonata di 13 giorni che dormiva accanto ai genitori. La culla si era rovesciata e ribaltandosi l´aveva protetta. «Ho messo la piccola nelle braccia di mio marito Anwar, che era ferito, e sono andata nella stanza a fianco, dove stavano tutti gli altri figli». Vista la scena, Samira è svenuta. Si è svegliata solo dopo il ricovero in ospedale. Ha chiesto delle figlie che mancavano all´appello. Qualcuno le ha detto una bugia pietosa: «Sono ferite, forse le hanno ricoverate altrove». Samira ha capito tutto.
La famiglia Balusha era composta da otto figlie e un maschio, Muhammad, che dormiva nella stanza nei genitori e si è salvato. Dice la donna tra le lacrime: «Se venisse ucciso anche solo un bambino israeliano, il mondo intero si indignerebbe, e il Consiglio di sicurezza dell´Onu verrebbe riunito. Ma il sangue dei nostri bambini non conta niente per il mondo. Questo è un crimine di guerra e chi lo ha fatto dovrebbe essere portato davanti alla giustizia».
Difficili anche i funerali. Il cimitero Shuhada era troppo vicino al confine con Israele, con i carri armati appena arrivati davanti, e nessuno si fidava. La scelta è andata sul campo di Beit Lahya, già strapieno per le vittime dei bombardamenti degli ultimi giorni. Avvolte nelle bandiere di Hamas, le cinque bambine sono state trasportate a spalla, con la gente che intonava slogan contro Israele e l´America.
Ieri al Parlamento israeliano il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha suscitato le ire dei deputati arabi quando ha affermato che a Gaza finora «sono rimasti uccisi circa 300 terroristi». «E i bambini? Quanti bambini palestinesi sono rimasti uccisi?», gli ha chiesto polemicamente il parlamentare Taleb a-Sana. Alla tv il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, ha detto: «Purtroppo in guerra anche i civili pagano il prezzo». In tre giorni il massiccio bombardamento israeliano sulla striscia di Gaza ha causato 345 morti, 61 dei quali civili. Almeno 23 delle vittime sono bambini.
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