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giovedì 23 ottobre 2008

MASSIMO LOGLI - Dichiarazioni sulla rinuncia alla candidatura

Da il Tirreno del 23/10/08

«Basta coi vecchi giochi tutti interni»Logli striglia il partito e spinge per uno scatto in avanti della politicaC’è un punto fermo, è quello delle primarie che non devono diventare il gorillaio di un regolamento di vecchi conti


PRATO. Primo punto fermo: «Non sono un vittima di questa situazione». Secondo punto fermo: «Nessuno mi ha mai chiesto da fare un passo indietro. La scelta di rinunciare è stata solo mia». Massimo Logli, presidente della Provincia, è nel suo ufficio in palazzo Buonamici. Come tutti i giorni. Nonostante il terremoto. Nonostante sappia che è a scadenza.“Spippola” il cellulare: ha appena ricevuto un nuovo attestato di solidarietà. L’ennesimo. Nell’angolo c’è un’orchidea e lì un biglietto: «Rimani l’unico leader politico che c’è sulla scena di Prato». E poi le firme. Forse per questo, anche in mezzo al cataclisma, il clima anche è sereno. Senza infingimenti.
Presidente lei ha definito la sua scelta giusta e necessaria.
«Sì, giusta perché chi ha responsabilità grandi deve risponderne, allo stesso livello, anche nei momenti di difficoltà. Necessaria perché dovrebbe portare il gruppo dirigente e la città a confrontarsi non solo sui nomi ma sulla soluzione dei problemi».
Lo choc della rinuncia è stato enorme, il momento politico è caotico, lei come pensa sia giusto uscire da questa situazione?
«Sono preoccupato perché vedo che pochi, per ora, hanno raccolto il mio appello a superare vecchi giochi tutti interni. Questo rischia di vanificare il valore positivo del mio gesto. Il tema è: uno scatto in avanti della politica. Prato non è di destra, ci chiede con forza di rinnovare la nostra cultura politica che deve diventare la declinazione moderna dei nostri valori. Non farlo scaricherebbe enormi responsabilità su tutta la classe dirigente del Pd».
E lei che è interno al gruppo dirigente è determinato a scardinare queste vecchie logiche?
«Sono operazioni che non si riescono a fare con l’impegno di una sola persona ma con tutto il gruppo dirigente».
Presidente, il terremoto è stato forte, la città è rimasta senza i vertici, solo colpa degli amministratori? Il partito, secondo lei, quali e quante responsabilità ha?
«E’ sbagliato mettere da una parte il partito e dall’altra gli amministratori e sono assolutamente convinto che non si possano chiedere ulteriori sacrifici: sarebbe un errore storico. Questo è il momento di assumersi delle responsabilità e non certo quello di pensare a tagliare altre teste. E’ una logica masochista che non condivido. Torniamo a parlare di programmi e del futuro di questa città».
Accontentato. C’è qualcosa, in questi quattro anni da amministratore, che alla luce di fatti odierni, non rifarebbe o farebbe altrimenti?
«Rifarei le stesse cose. Perhè penso di essere stato un buon amministratore. Ma dando un disegno più organico agli obiettivi. L’unica responsabilità che mi attribuisco è quella di non essere riuscito a trasmettere il senso degli obiettivi strategici: la campagna sull’innovazione, gli aiuti alle imprese, sono stati recepiti come pezzetti di buona amministrazione ma non come un disegno organico. Sono convinto di non avere commesso errori nelle scelte delle singole azioni di governo, mi attribuisco la responsabilità però di non essere riuscito a diventare il punto di riferimento del malessere di questa città, anche su questioni che spesso non possono dipendere dalle scelte delle amministrazioni locali».
Una frase che si sente ripetere spesso. Che anche il sindaco Romagnoli ha detto, che però ha dato un altro “imprinting” alla sua rinuncia alla candidatura.
«Io e Romagnoli abbiamo due storie politiche diverse».
C’è però chi sostiene che lei sia stato soffocato da un abbraccio mortale.
«Se mi chiede se anche l’amministrazione provinciale ha risentito dei malumori sul Comune, allora le rispondo di sì. Evidentemente la gente non ha percepito differenze tra l’uno e l’altro modo di governare. Ma anche se questo avesse influito sui risultati del sondaggio, resta il fatto che non è il motivo per il quale ho deciso di non ricandidarmi. E’ stata una presa di coscienza necessaria per consentire al partito di ripensare il proprio ruolo».
Sondaggio, appunto, crede sia stato usato come una bomba a orologeria?
«No».
Crede sia stato corretto fare un’indagine che accomuna Comune e Provincia?
«Sì».
Eppure l’ente che lei sta amministrando ha per forza meno visibilità.
«Non è il gradimento che mi interessa».
Presidente chi vedrebbe come suo successore?«
Di nomi non ne faccio. Penso però che ci sia un punto fermo che è quello delle primarie e che non devono diventare il gorillaio di un regolamento di vecchi conti ma una verifica della sintesi politica di questa fase. Lancio uno slogan: devono essere primarie delle idee dei progetti».
Il governatore Martini, in una intervista, ha suggerito un cambio generazionale nelle scelte dei candidati futuri.
«Credo che la classe dirigente di questa città sia perfettamente in grado di esprimere i suoi candidati senza interferenze esterne».
Sinceramente, c’è stato qualcuno che alla fine di tutto l’ha convinta a mollare?
«Sì, il sostegno della mia famiglia, in particolare di mia moglie e dei mie figli, alla mia scelta. Ma anche il supporto dei tanti amici che ho, fuori dal mondo della politica, che hanno condiviso la mia analisi sui risultati del sondaggio e mi hanno aiutato nei momenti difficili. Per questo li ringrazio».
Quale sarà il suo futuro?
«Lavoro duro per portare a termine il programma di questa amministrazione».
E dopo?
«Premetto che il mio non è un gesto da pagare ma da valorizzare. Nel mio futuro vedo certamente l’impegno politico, ma non avendo costruito ipotesi di uscita sto reimpostando, assieme alla mia famiglia, il quadro complessivo della mia vita. Ma queste sono questoni personali».
Le è rimasto qalcosa da salvare di quest’ultima difficile, dolorosa fase?
«Tante cose. Ma soprattutto le moltissime testimonianze di solidarietà e di sostegno che ho ricevuto dai cittadini».Cristina Orsini

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